“Fra i grandi filosofi, Wittgenstein, probabilmente, è stato il più musicale (…) e identificò direttamente uno dei problemi della filosofia della musica, che non è un problema generale dell’ estetica: quello della comprensione della musica”. (R. Scruton, Comprendere la musica. Fiolosofia e interpretazione, Cantagalli, Siena, p. 55).

“Come giustamente ci rammenta Wittgenstein, non possiamo trovare il significato di un brano musicale guardando dentro noi stessi. Eppure, anche se guardiamo fuori, la nostra capacità di comprendere ciò che stiamo osservando dipende da quando accade dentro.(…) Dobbiamo vedere la musica come un atto comunicativo, che dipende in modo cruciale dal collocare nella prospettiva mentale dell’ ascoltatore, uno stato mentale che non sia il suo”. (R. Scruton, Comprendere la musica, p. 68)

 

Queste acute riflessioni del filosofo e scrittore inglese, sono all’origine dell’impaginazione di questo programma musicale, che incastona pagine di autori romantici come Chopin e Schumann, tra il più “astratto” – in un certo senso – dei musicisti, Bach, e uno dei più “moderni” ma nello stesso tempo “classici” compositori a cavallo di Otto e Novecento, Debussy. Nella prospettiva in prima persona, infatti, emerge, da un lato, in Bach, l’espressione del dolore, che diviene suggestione cristica di quel “dolore contemplato” che fa correre il pensiero alla Deposizione di Cristo della Cappella degli Scrovegni a Padova, mentre d’altro canto, i titoli dei Preludi di Debussy (originalmente posposti dall’autore ai brani stessi), evocano non tanto la descrizione o imitazione sonora di un evento della natura (Des pas sur la neige) o di un racconto poetico (La Cathédrale engloutie), quanto lo stato mentale del compositore che esprime nei suoni ciò che ha visto con gli occhi dell’anima.

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